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La sera a cena, a volte ho più voglia di coccole e relax che di cibo. E una buona minestra tiepida, leggera, povera ed essenziale come questa, é perfetta.
Ed é facilissima da fare:
Ingredienti per due persone:
2 zucchine
6 bucchieri d’acqua
2 gr di sale
1 cucchiaio di olio evo
E del pane da inzuppare!
Basta tagliare a strisce le zucchine e poi tagliare ancora le strisce in tanti piccoli quadretti, metterle in una pentola con 5/6 bicchieri d’acqua, un cucchiaio d’olio buono e mezzo cucchiaino di sale. Portare a ebollizione e cuocere così per 30/40 minuti, a fuoco basso col coperchio sulla pentola per tutta la cottura. Se vi piace che sia più cremosa potete inserire anche una patata a pezzi molto piccoli e cuocerà insieme alle zucchine.
É fondamentale avere del pane da inzupparci su, come in foto. Pane raffermo, integrale o tostato, fate voi. Io ci ho messo del pane integrale di due giorni fa. Prima di affondare il cucchiaio, aggiungo un filo d’olio ed é il top .
Il pane in foto é fatto in casa col lievito madre, ovviamente.😉😃
La paesitudine é uno stato mentale, un sentimento e una poesia insieme.
Se non hai mai vissuto in un paese , forse neanche immagini cosa possa essere..un paese piccolo intendo, non certo un paese che fa di tutto per riempirsi di modernità importate a forza, che sovente, rinnega e spreca la propria poesia.
Non si riesce a spiegare a parole, si può solo sentire, e poi ricordare, e infine , sentirne la mancanza.
Si, sentire la mancanza di quei profumi di caminetto, di legna comprata ad agosto e accatastata in cortile per l’inverno, di semola da impastare, di zucchine fritte che esce dalle case e di rugiada al mattino, perché sui muri di pietra la rugiada ha un profumo bellissimo. Ah, anche la pioggia ha un altro profumo in paese.
E di suoni di zoccoli di cavalli che riecheggiano per strada, di campane e di conversazioni in dialetto.
Abitare in un piccolo paese, uno di quelli che abbiamo noi qua nell’isola, e sentirsene parte é alla base della più genuina e salutare forma di comunità attiva e rassicurante .
Dovrebbe essere una materia di studio esperienziale da insegnare, da condividere a scuola, perché è parte integrante della nostra storia evolutiva, della nostra cultura di popolo. Dovrebbe essere buona abitudine trascorrerci almeno un mese all’anno. Una terapia efficace contro la diaspora dei valori identitari e della semplicità dell’essere.
Il fattore tempo e il fattore spazio, hanno connotazioni diverse. Il concetto di stress, di non-trovo-parcheggio, non pervenuti.
Il cibo ha dei gusti inimitabili.
E gli occhi della gente tutti da fotografare.
Un mese fa a Nughedu Santa Vittoria :
Una cena nel borgo, frutto di un impegno serio, che salvaguarda prima di tutto il paese, la gente e il territorio tutto e offre questo ai pochi commensali che ne vogliono cogliere l’essenza. Un giusto e pioneristico mix di modernità, web managing e la genuina lentezza della paesitudine, una serata magica, sotto il cielo stellato dell’estate 2017.
Shhh…Shooting sheeps..!
Fotosequenza rivelatrice della mansueta obbedienza e buona fede di gregge:
Intravvedo un gregge che fa un sonnellino all’ombra in un torrido pomeriggio sardo.
Accosto.
Parcheggio.
Afferro la reflex, scendo dall’auto e inizio a scattare[foto1]. Probabilmente il click ne desta una , o il maremmano che le guida…si alzano due o tre di loro. Poi quattro o cinque. Poi tutte corrono verso di me , come se la mia figura, il mio vestito celeste o il click della macchina fotografica le avesse richiamate. Per un secondo mi sono sentita Pastora, e il secondo dopo ho realizzato quanto avanzassero veloci [foto 6]
Corro verso l’auto, prendo una storta perché ho i tacchi,( che razza di pastora oh), salgo in macchina e metto in moto.
Mi fermo poco più avanti e le osservo tornare indietro lemmelemme e sconsolate verso l’ombra della loro siesta. Mi sono sentita pure in colpa, l’idea di trovarmi il gregge da gestire e il loro pastore probabilmente inquieto per l’accaduto mi hanno costretto alla fuga. Però che bellissime loro 💙…